C.S.I. – Bolormaa, Diego Acampora

Da quando ho rimesso piede sui social, vedo che si parla tantissimo del documentario dedicato ai C.S.I. di Tabula Rasa Elettrificata (che non ho ancora visto), vedo che vi reinnamorate delle loro canzoni.
Quando uscì “In Mongolia in retromarcia”, poteva essere il 2000 o giù di lì, dopo averlo divorato ne regalai 6 o 7 copie a persone carissime.
Ero sicuro, sono tuttora sicuro di essere stato davanti alla più grande, alla più profonda band di musica italiana ever.
E’ anche per questo motivo (e non tanto per le derive ratzingerian-meloniane del cantante) che raramente metto su i loro dischi.
C’è troppa bellezza perché una canzone dei CSI possa essere ascoltata in qualsiasi momento.
E ora che il vuoto pandemico si sta instaurando tra gli esseri umani, non posso che pensare alle sterminate steppe mongole. Dove non sono mai stato fisicamente, dove ho viaggiato con la memoria e la fantasia più volte. Dove ho sorseggiato il latte alcoolico di yak, bevuto nelle tazze dopo aver intinto il dito per poi schizzarne una goccia in aria come portafortuna. Dove i cavalli non hanno sentieri perché il Vuoto domina incontrastato. Dove nello UAZ in cui girano i nostri al loro ingresso in Ulan Bator, il mangianastri sta mandando la musica dei Soundgarden (quando lo lessi rimasi ammutolito). Dove il Canali mai andò, perché una paglia serena fumata nella sua dimensione urbana non gliela toglie nessuno.
Dove si andava a fare i conti con (alcuni) disastri del socialismo reale per capire poi che si tornava indietro totalmente disgregati.
I grandi artisti si riconoscono perché vanno molto, ma molto, al di là del momento storico in cui mostrano le loro opere.
La disgregazione è la realtà: il nuovo secolo è cominciato nel 2001 suonando campane di morte, da Genova a New York e da lì è cominciata una lenta e imperfetta discesa verso non si sa cosa.
Non possiamo appigliarci più a nulla, se non alla cura che possiamo regalare o ricevere dagli altri.
Non mi sono mai sentito così disgregato, come cittadino e uomo di questo mondo.
So che esistono le compagne e i compagni, e le persone variamente care. Spazi e momenti dove riusciamo a non far entrare il cinismo e la competizione.
E’ tutto ciò che ho e non è ancora finita.
Densamente spopolata è la felicità. Ma:
Vicini per kilometri vicini per stagioni.

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