Si può essere adolescenti una sola volta nella vita… per fortuna.
In fondo chi può avere nostalgia dell’acne giovanile, degli amori non corrisposti, di quel perenne senso di inadeguatezza e del “me against the world”?
Certo dipende anche da che parte si stava, perché l’adolescenza era un po’ come la guerra fredda, non c’erano mezze misure: o stavi a ovest, dalla parte di quelli fighi o a est… con gli altri.
Ora guardiamo un attimo a est e concentriamoci su uno di questi “altri”. Eccolo lì, il nostro, a una festa, totalmente fuori luogo come un pesce fuor d’acqua. Quando poi decide finalmente di lasciare la festa man mano che si allontana lo vedi guadagnare sicurezza. Si sta dirigendo verso il luogo della rivincita. Lì, nella penombra della sua cameretta, lui è il monarca assoluto di un piccolo stato da lui fondato, poco frequentato e fuori dai radar, ma – attenzione! – mai silenzioso perché continuamente immerso nella musica.
E come ogni paese che si rispetti, non deve mancare un inno nazionale, che rimarchi perfettamente non solo la sua identità ma anche la sua alterità. Deve essere quindi qualcosa di speciale, non solamente bello quanto ma anche fuori dall’ordinario, tanto geniale quanto ridicolo e meglio se fastidioso agli occhi degli “stranieri”.
La ricerca si rivela più difficile del previsto, dati gli orizzonti talmente vasti.
Il nostro allora capisce che di aver bisogno di rinforzi e che è necessario rivolgersi a degli alleati, pochi ma buoni. Banale a dirsi, l’unione fa la forza e dopo varie proposte scartate ecco, all’ennesimo “prova questo!”, arrivare la rivelazione.
Già la copertina, che vede una donna dalla folta chioma e dall’aspetto minaccioso uscire da una botola su uno sfondo rosa pesca, sembra indicare che si è imbeccata la strada giusta. Per non parlare dell’autore: un tizio buffo dal nasone e baffoni armato di improbabile bombetta.
Inizia una bizzarra marcetta (“Interessante…”) interamente strumentale (“ottimo!”). Quando poi il brano muta ed emerge un bridge di organo da chiesa, tanto serioso quanto inaspettato (“eh??”), che successivamente viene riproposto accelerato come in una vecchia comica, (“Geniale!”), il dado è tratto, accompagnato da una risata tipo scienziato pazzo anni ‘50.
L’inno sarà “Peaches En Regalia” di Frank Zappa!
Il brano si rivela essere un vertiginoso viaggio di 3 minuti composto da temi diversi e mutanti che si ripresentano modificati e riarrangiati come in un gioco di specchi deformanti. Un gioco di scatole cinesi in cui atmosfere circensi, jazz e uno strambo sinfonismo si uniscono a formare una minisuite, che può essere descritta solo con un neologismo, zappiana.
“Peaches” é anche la botola che apre il passaggio segreto verso l’immaginifico e iconoclasta mondo di Zappa. Un luogo dagli orizzonti in(de)finiti dove l’imprevedibile è all’ordine del giorno e dove gli estremi si toccano. Il bubble-gum pop si mischia con l’avanguardia, il serio con il (parecchio) faceto, il semplice con l’estremamente complesso, e così via, senza che niente di tutto ciò appaia forzato. Un caos solo apparente ma in realtà governato fin nel minimo dettaglio dal suo eccentrico creatore.
Insomma un mondo ameno e caleidoscopico, talmente perfetto che il nostro mai avrebbe nemmeno sognato potesse esistere.
Ed è proprio lì che tutto improvvisamente diventa chiaro ed egli capisce di essere ormai pronto per l’impresa della vita: la definizione dei confini dello stato.
E quando parte la missione, avendo come Patrono e nume tutelare Frank Zappa, la direzione da prendere è … nessuna direzione definita! Insomma si naviga a vista…. L’entusiasmo è a mille e i mezzi sono quelli che sono, ma anche grazie all’aiuto dei
soliti fidati alleati vengono erette le prime pericolanti muraglie con pochi vinili e soprattutto tante cassette.
E lì, dietro a quelle barriere posticce in costante mutamento, che il nostro vive felice (più o meno…) noncurante di ciò che succede dall’altra parte della cortina di ferro.
Ma quando, come il muro di Berlino anche l’adolescenza arriva al termine, tutto si fa meno netto e più sfumato.
Con lo scorrere del tempo svanisce quella marcata separazione tra il nostro e il resto del mondo, così come si fa meno impellente la necessità di un “imperialismo identitario” capace di trasformare, grazie alla musica, il senso di inferiorità in un’intima sensazione di superiorità. Il nostro capisce che il suo scopo non è quello di esplorare territori al fine di conquistarli e farne zona di pertinenza esclusiva, ma di aprire i propri occhi per guardare il mondo e conoscerlo veramente.
Si accorge che conquistare il mondo è impossibile (e che la discografia di Zappa è come il paradosso di Achille e la tartaruga…) ma proprio in questa sua irraggiungibilità risiede la sua profonda bellezza.
Insomma la missione si trasforma in passione.
Ma anche adesso che il nostro è diventato un adulto e frequenta altri superstiti di quella sofferta stagione della vita, sente che c’è qualcosa che lo differenzia da loro e che probabilmente non andrà mai via… Se in loro prevale una visione nostalgica dell’adolescenza, in lui prevale il rigetto per un’epoca fortunatamente passata definitivamente.
Se loro si rifugiano nella dimensione collettiva e rituale del cantare a squarciagola il loro brano del cuore, esorcizzando la nostalgia e allo stesso tempo marcando la distanza da essa, a lui non resta che il rituale solitario dell’ascolto (sotto lo sguardo sardonico dello zio Frank…) che lo “condanna” a ritornare in maniera perpetua proprio lì dove non vorrebbe tornare.
Così mentre gli altri, barbone accuratamente modellate e occhialoni d’ordinanza, al pub magnificano le doti dell’ultima ristampa in vinile degli Smiths, il nostro dopo aver detto, “Beh, How soon is now? capolavoro!!” (e sia chiaro, Dio o chi ne fa le veci, benedica Morrissey e Johnny Marr!), si allontana frettolosamente con una scusa banale, tipo la zia che sta male, precipitandosi a casa spinto da un impulso irrefrenabile.
E quando nell’aria si diffonde “Peaches En Regalia”, mano sul cuore, sguardo fiero e ghigno beffardo alla zio Frank, il nostro realizza che….
Si può essere adolescenti una sola volta nella vita… perchè in fondo non se ne esce mai!
(http://lalineamasondixon.wordpress.com)